In Barca a Vela con Salento Vela Maestra.
Da rilevare il santuario della Madonna di Roca risale al XVII sec. e le due grotte Posia (dal greco, “sorgente d’acqua dolce”), meglio note come grotte della Poesia. Queste ultime, in particolare, distanti circa 60 metri l’una dall’altra, sono delle grotte carsiche cui sono crollati i tetti; l’acqua del mare giunge in ciascuna di esse attraverso un canale percorribile a nuoto . La sua notevole importanza in ambito archeologico è legata al rinvenimento nel 1983 di iscrizioni messapiche (ma anche latine e greche) sulle sue pareti, da cui è stato possibile stabilire che la grotta fosse anticamente luogo di culto del dio Taotor.
Il rudere della Torre che ancora si erge su un’isoletta separata dalla terra ferma, da un canale artificiale, risale al 1500, secolo in cui Roca fu poi rasa al suolo dal governatore della terra d’Otranto, Fernando Loffredo, perché ricettacolo di briganti, predoni o pirati. Nel 1400 invece Roca era stata un valido supporto per la cacciata dei Turchi e la riconquista di Otranto.
“Il nome di questa spettacolare piscina naturale ha una triplice storia: secondo alcuni deriva da“posia”, un termine greco-medievale che indica una“sorgente di acqua dolce”; secondo altri deriverebbe da un’antica leggenda secondo la quale una principessa bellissima Donna Isabella era solita fare il bagno nella grotta e quando la notizia si diffuse, moltissimi poeti si recarono personalmente nella cavità naturale per comporre versi in onore della fanciulla (da qui il nome di Grotta della Poesia).”
Un’altra versione sull’origine autentica della denominazione del luogo è purtroppo, meno fantasiosa e ancor meno… poetica! Un tempo, a quel che si dice, la “Poesia piccola” era un angolo di mare molto pescoso, tanto che era stata incorporata all’interno delle mura cittadine di Roca. Sulla sicurezza del posto i Rocani ritenevano la “Poesia grande” l’occhio vigile del mare messo a guardia della città. Ma i marinai turchi, che dominavano i mari in quel tempo, attraverso quel budello sottomarino che congiunge la “Poesia grande” con la “Poesia piccola”, riuscirono a penetrare nella città, se ne impadronirono e la depredarono. Quando i Rocani superstiti fecero ritorno nella città distrutta, maledissero quel luogo che, da quel momento, fu chiamato, con parola greca, “prodosìa”, che vuol dire “tradimento”. Ma con il passare del tempo, la straordinaria bellezza del luogo determinò tra gli abitanti la trasformazione della parola “prodosìa” nella piú semplice e accogliente “Poesia”. Grotta della poesia, insomma, potrebbe essere deformazione non di Grotta della posìa ma di Grotta della prodosia.
Il sito fu successivamente abbandonato (non sono state rinvenute tracce del periodo romano), mentre fu frequentato nell’alto medioevo da anacoreti, provenienti perlopiù dall’Impero Romano d’Oriente, che col tempo costituirono una comunità, abitando in una serie di grotte scavate nel calcare. Agli inizi del XIV secolo, Gualtieri di Brienne, co
nte di Lecce, ricostruì Roca facendone una città fortificata, ma nel 1480 la sua popolazione venne messa in fuga dalle incursioni turche. In quell’anno infatti il sultano Maometto II, dopo aver conquistato Costantinopoli (1453) e sottomesso tutta la Penisola Balcanica, inviò una spedizione che sbarcò sulla costa orientale del Salento. Roca Vecchia fu saccheggiata e usata dai Turchi come base operativa per sferrare attacchi alla città di Otranto e ad altri centri salentini. La città, liberata nel 1481, divenne successivamente covo di pirati, tanto che nel 1544 Ferrante Loffredo, governatore della provincia di Terra d’Otranto, dette l’ordine di raderla al suolo.